La forma senza forma

L’opera consiste in una scultura ovoidale al cui interno si cela una forma non visibile, determinata dal vuoto, la cui presenza è intuibile solo attraverso il piccolo foro all’ apice della superficie esterna. Il lavoro nasce in funzione della collocazione precaria dell’opera, attualmente installata ai piedi di un grande masso rimasto in bilico dopo il recente dissesto idrogeologico che ha colpito l’area del parco di PoggioBa.

La presenza in situ di alcune tombe etrusche e nelle vicinanze di diverse aree di interesse archeologico nella zona di Sovana e Pitigliano ha dato avvio ad una fase di ricerca estesa anche all’area di Tarquinia e Marzabotto. Da questa indagine emerge come il simbolo dell’uovo sia ricorrente nelle più diverse manifestazioni dell’arte sacra etrusca. Lo si riscontra nei sepolcri dove sono stare ritrovate uova di struzzo deposte nelle tombe e ripetutamente dipinto negli affreschi di Tarquinia. L’utilizzo etrusco dell’uovo come simbolo di rinascita e immortalità è inoltre testimoniato dai numerosi cippi ovoidali che caratterizzano i sepolcri della necropoli di Marzabotto così come nella necropoli di Crocifisso del Tufo a Orvieto.

L’opera nella sua parte non visibile ha rapporto con alcune letture che riguardano l’indagine condotta dallo psicologo Roberto Assagioli sulla struttura della psiche umana e alla sua rappresentazione all’interno di un ovoide. L’esperienza intuitiva più alta, che Assagioli chiama transpersonale, ci permette di accedere ad una sfera superiore, atemporale, in cui le idee vivono come entità autonome. Come crisalide o come matrice una volta intuita la forma canalizzata abita in noi allo stato latente, in una dimensione ancora assoluta, la forma senza forma.